La traversata dell’Atlantico di andata ai Caraibi a
      Novembre, fatta assieme all’organizzazione ARC con altre 200 barche e
      spinti dai dolci e costanti Alisei, è in effetti una passeggiata
      tranquilla e piacevole. L’ARC ti prende per mano, ti prepara con dei
      seminari, ti controlla tutte le dotazioni di sicurezza e poi ti segue
      giornalmente e ti invia i bollettini meteo. Poi arrivati lì nei Caraibi il veleggiare tra le
      tante bellissime isole è una meraviglia e lo raccomando a tutti. Ma poi
      bisogna pensare al rientro in Mediterraneo a Maggio, prima che arrivino
      gli uragani ed il ritorno è tutt’altro che una passeggiata. Infatti
      sono pochi gli armatori che portano la propria barca indietro via mare, ma
      si affidano al trasporto su nave, con costi altissimi, oppure con skipper
      professionali, con costi non indifferenti e con rischi di danni alla
      barca, in quanto questi pensano solo a rientrare il più velocemente
      possibile. Sentito i molti racconti, ero abbastanza terrorizzato
      al pensiero di dovermi riportare la barca, ed escluso l’opzione a
      pagamento, ho cominciato a documentarmi seriamente, leggendo tutti i
      racconti di traversate verso Est fatte in precedenza. Ho dovuto cercarmi l’equipaggio sui vari siti
      internet, sia italiani che esteri ed ho scoperto una marea di persone
      desiderosa di fare l’esperienza atlantica senza compenso. Ho avuto circa
      una sessantina di risposte ai miei annunci, che ho vagliato con molta
      attenzione ed intervistato via Skype, nonché sentito personalmente i loro
      referenti. Alla fine ho scelto un ragazzotto italiano di Udine, Fabio, un
      giovane sardo Riky, residente in Costa Rica, un giovane istruttore di vela
      inglese, Robert ed infine David altro inglese, sessantenne, bravissimo nel
      fai da te, desideroso di fare questa esperienza che gli mancava. La mia
      scelta si è poi rivelata vincente in quanto erano tutti bravissimi,
      preparati, volonterosi ed andavamo tutti d’accordo, in sintonia ed in
      allegria. Il gruppo italiano ha dovuto fare del ripasso dei
      termini inglesi delle manovre correnti e per evitare confusione in momenti
      critici ho applicato delle targhette con le traduzioni sui stopper per
      meglio individuare le scotte e le drizze. C’è stato anche della sana
      rivalità in cucina, con gli inglesi addirittura in testa all’inizio, ma
      alla fine siamo giunti ad un onorevole pareggio. Un pericolo costante durante le traversate oceaniche è rappresentato dall’usura alle attrezzature e devi sempre fare dei controlli giornalieri. Devi avere scorte di tutti i tipi per le riparazioni e saperle eseguire, anche eventualmente seguendo i manuali, come ho dovuto fare con la sostituzione della girante. Bisogna sempre stare in guardia per le navi anche se infrequenti gli incontri, e la notte, sempre, sempre agganciati alla barca. Inoltre, con mare formato non devi affidarti al pilota automatico perché ti può abbandonare al momento sbagliato e causare dei grossi guai. Per le comunicazioni mi ero attrezzato con telefono
      satellitare Iridium e Mailasail come provider, che oltre alla posta
      elettronica fornisce previsioni meteo ed anche le grib files, cartine
      meteo animate dei venti, di peso abbastanza “leggero” che scaricavo
      via email una volta alla settimana. A terra, avevo un amico Giuseppe, che
      studiava le carte grib su www.grib.us e
      mi monitorava giornalmente e decidevamo assieme la rotta da fare. Con un
      po’ di pratica avevo imparato ad analizzare le previsioni meteo in
      formato testo e trasformarle a matita in carte sinottiche e predire come
      avrebbe girato il vento, che segue il moto orario per nelle alte pressioni
      (i famosi “anti-cicloni delle Azzorre”) ed il moto anti-orario nelle
      basse pressioni. Dalle mie ricerche sulle traversate Atlantico
      Ovest-Est avevo imparato che bisogna avvicinarti sufficientemente alle
      basse pressioni che transitano a Nord per trovare vento che ti spinge ad
      Est, ma non troppo, per non incappare in mezzo alle burrasche. Invece, se
      rimani troppo a Sud, ti trovi bloccato nelle alte pressioni senza vento e
      dato le immense distanze oceaniche farai presto a finire il carburante.
      Quindi in effetti si fa un zig-zag tra le varie alte e basse pressioni.
      Avevo letto che molti di quelli che avevano percorso “la strada alta”
      a nord, avevano subito danni alle vele ed alle attrezzature e quindi io ho
      scelto “la strada bassa”, quella più a sud, portandomi anche 14
      tanniche di carburante di riserva per supplire ad eventuali lunghe assenze
      di vento. Anche questa si è rivelata una scelta giusta; abbiamo veleggiato tranquillamente per 26 giorni e “motorizzato” per 6 giorni (150 ore). Abbiamo si, avuto del cattivo tempo, ma non eccessivo e siamo giunti a destinazione Gibilterra senza danni rilevanti, ne alla barca, ne all’equipaggio, con grande mia soddisfazione, dimostrando che è fattibile anche a noi “comuni mortali”; basta prepararsi bene prima e procedere con molta prudenza e nel rispetto delle regole di sicurezza. Corraggio ragazzi, armatevi e partite per un’esperienza memorabile! Lorenzo Camillo sv
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